mercoledì 19 aprile 2023

SUDAN, È GUERRA TRA ESERCITO GOVERNATIVO E FORZE PARAMILITARI: ECCO I MOTIVI



di Matteo Orlando

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SIA IL GENERALE ABDEL FATTAH AL-BURHAN CHE IL GENERALE MOHAMED HAMDAN DAGALO HANNO ENORMI INTERESSI FINANZIARI...


Continuano in Sudan gli scontri fra l'esercito regolare e i miliziani paramilitari delle Forze di supporto rapido (Fsr). Nella mattina del 19 aprile 2023 una forte esplosione è avvenuta all'aeroporto internazionale di Khartoum, in mano alle Fsr (discendente diretta dei sanguinari Janjaweed, quelli che attaccavano le minoranze etniche non arabe nella regione occidentale del Darfur).

Attualmente nel Paese sono già 270 i morti (secondo il sindacato dei medici del Paese si è già arrivati ad un bilancio di 942 vittime, tra civili e militari) e 2.600 i feriti, rende noto l'Oms, i cui aiuti  sono esauriti, e non è possibile organizzare altri interventi. La Croce Rossa parla di situazione umanitaria molto grave. Trentanove dei cinquantanove ospedali della capitale Khartoum sono "fuori servizio" (nove perché sono stati bombardati).

Il Nunzio di Sua Santità Papa Francesco in Sudan, Mons. Luis Miguel Muñoz Cárdaba, ha espresso la sua preoccupazione per la situazione critica nel Paese. Gli scontri hanno interessato la nunziatura, dove i soldati hanno si sono appostati durante la messa di domenica 16 aprile, e hanno lasciato i religiosi comboniani intrappolati nelle loro case senza poter uscire.

Secondo l'agenzia di stampa italiana Ansa, nel centro di Khartoum, la capitale, ci sono stati "bombardamenti aerei e lancio di missili terra-terra". Gli ospedali di Khartoum e di altre città del Paese sono stati attaccati con cannoni e armi da fuoco e, come detto, molti di loro sono rimasti “completamente inattivi” a causa degli scontri.

In contatto telefonico con i media vaticani, il Nunzio Apostolico ha spiegato che, di fatto, è in corso una guerra tra le Forze Armate regolari e i paramilitari del Rapid Support Forces (che può contare su circa centomila uomini, armati come un esercito, compresi i carri armati). "Dopo giorni e settimane di tensione, purtroppo è scoppiata una guerra di fatto".

Secondo Mons. Muñoz Cárdaba la situazione "è grave, gravissima, con scontri nella capitale, ma anche in altre città del Paese. Ci sono in corso combattimenti violenti, intensi, con artiglieria, aerei. Ci troviamo in una situazione preoccupante che mette in pericolo la vita della popolazione civile. La gente è chiusa in casa, impossibilitata a uscire, impossibilitata ad andare al mercato a comprare perché è molto rischioso".

Nei pressi della nunziatura, situata in una zona tradizionalmente “tranquilla e serena” a nord della Capitale, dove si trovano le ambasciate e la residenza del presidente del Consiglio (attualmente assente), la situazione, ha dichiarato il Nunzio, è "diventata gravissima. La lotta è stata molto serrata. Tre gruppi di soldati sono entrati in nunziatura durante la messa; forse volevano usare il giardino della nunziatura come postazione per combattere con gli altri, i nemici. Ma, grazie a Dio, dopo mezz'ora se ne sono andati senza incidenti. Qui i proiettili volano come in tutta la città. Diversi soldati sono entrati, forse in fuga dagli altri, hanno scavalcato il recinto della nunziatura e sono rimasti qui per mezz'ora. Altri sono passati, fuggendo, senza generare particolari incidenti".

Il capo della missione Onu in Sudan, Volker Perthes, aveva proposto una "tregua umanitaria" di tre ore per la scorsa domenica ma le due parti hanno aderito "solo parzialmente".

Sia l'esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan (a destra nella foto), presidente del Sovrano Consiglio di Transizione - de facto capo di Stato del Sudan, dopo il colpo di Stato del 25 ottobre 2021 -, sia le milizie paramilitari (FSR) del generale Mohamed Hamdan Dagalo (a sinistra nella foto), l’uomo che tutti in Sudan chiamano Hemeti, hanno enormi interessi finanziari (quella in corso è la resa dei conti tra due ex sodali del dittatore Omar al Bashir). 

L'esercito controlla gran parte dell'attività economica del paese, mentre la FSR ha in mano diverse miniere d'oro, tra cui una che condivide anche con mercenari russi del gruppo Wagner (che proteggono le miniere d’oro del nord est). Hemeti mantiene stretti legami con Mosca, mentre il principale partner commerciale del Sudan rimane la Cina. Le due parti non sono mai entrate in una sincera cooperazione, ma hanno condiviso solo un interesse contingente a cacciare i civili dal potere.

Si spara nella capitale ma anche nella strategica città di Meroe, a Nyala, a Kassala, intorno le basi aeree vicine al confine egiziano. Il tentativo della RSF di rovesciare al Burhan è arrivato dopo settimane di approfondite tensioni tra i due leader militari sulla prevista integrazione della Rsf nell’esercito regolare. 

"Non smetteremo di combattere fino a quando non cattureremo tutte le basi dell’esercito e gli onorevoli membri delle forze armate non si uniranno a noi", ha detto ad Al Jazeera il capo della RSF Dagalo. "Siamo stati attaccati, non ci sarà nessuna tregua, disarmeremo i paramilitari", ha risposto Al Burhan.

Dopo la rivoluzione del 2019, che ha fatto cadere il governo di Bashir, l'ex commerciante di cammelli e potente “signore della guerra” Mohamed Hamdan Dagalo, si è autonominato generale ed ha trasformato enormemente la milizia nella Rapid Support Forces. 

“Molte rapaci mani si allungano intanto sulle potenziali ricchezze del debole Sudan: la Cina, la Russia, la Turchia, gli Emirati, i sauditi, il Qatar, l’Egitto ovviamente. Persino gli americani hanno riaperto la loro ambasciata dopo dieci anni, così com’è tornata l’Unione Europea”, ha scritto Fabio Scuto su Il Fatto Quotidiano.

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