giovedì 11 maggio 2023

IN BIELORUSSIA LA MAGGIOR PARTE DEI DIRITTI UMANI SONO A RISCHIO



a cura di Aiuto alla Chiesa che Soffre

-

LA BIELORUSSIA È BLOCCATA TRA LE RICHIESTE POPOLARI PER UNA DEMOCRAZIA IN STILE OCCIDENTALE E GLI INTERESSI NAZIONALI E INTERNAZIONALI A MANTENERE LO STATUS QUO REGIONALE



La libertà religiosa è garantita dall’articolo 31 della Costituzione, che consente agli individui di manifestare le proprie opinioni religiose e di riunirsi per il culto religioso, a patto che non compiano atti proibiti dalla legge. L’articolo 16 della Costituzione sancisce l’uguaglianza di tutte le religioni e le fedi a livello giuridico. Il testo costituzionale proibisce inoltre le attività religiose che minacciano la morale o sono dirette contro lo Stato, il sistema politico statale o le libertà civili dei cittadini. Lo stesso articolo afferma anche che la relazione tra lo Stato e particolari organizzazioni religiose «sarà regolata dalla legge in base alla loro influenza sulla formazione delle tradizioni spirituali, culturali e statali del popolo bielorusso».

La “Legge sulla libertà di coscienza e sulle organizzazioni religiose” del 1992 definisce più specificamente il quadro giuridico in materia di religione in Bielorussia. L’articolo 6 stabilisce l’uguaglianza di tutte le religioni davanti alla legge. Finché un’organizzazione religiosa non partecipa alle attività di «partiti politici e di altre associazioni pubbliche che perseguono scopi politici», le è permesso partecipare alla vita pubblica e utilizzare i media statali. Gli articoli 14 e 15 distinguono tra comunità religiose, che sono organizzazioni con almeno 20 membri adulti che vivono in uno o più insediamenti nelle immediate vicinanze, e associazioni religiose, composte da almeno 10 comunità religiose, di cui almeno una attiva in Bielorussia da più di 20 anni. Queste ultime hanno il diritto di istituire monasteri, ordini religiosi maschili e femminili, missioni religiose e strutture educative. Le attività religiose, sia delle comunità sia delle associazioni, possono svolgersi soltanto nel territorio in cui il gruppo opera. L’articolo 25 limita inoltre tali attività alle proprietà che appartengono a queste organizzazioni o ai suoi membri. Nel caso di abitazioni private, vi sono una serie di norme relative alla sicurezza che un’organizzazione religiosa deve seguire. Gli eventi religiosi su larga scala possono essere tenuti in pubblico, se ricevono l’approvazione delle autorità locali.

Gli articoli da 16 a 19 regolano il processo di registrazione delle organizzazioni religiose. Le organizzazioni religiose sono tenute a registrarsi per essere riconosciute come persone giuridiche. Per registrarsi, è necessario fornire una serie di informazioni, compresi alcuni dettagli sul credo religioso e sui fondatori dell’organizzazione. Come specificato nell’articolo 21, una domanda di registrazione può essere negata se le autorità ritengono che le informazioni siano insoddisfacenti o che le dottrine professate dall’organizzazione non siano conformi alla legge. Secondo l’articolo 13, solo i cittadini bielorussi possono dirigere organizzazioni religiose. L’articolo 29 limita a un anno il periodo in cui un missionario straniero senza cittadinanza bielorussa può essere impegnato in attività missionarie religiose, tuttavia questo arco di tempo può essere esteso o ridotto dalle autorità. 

La Repubblica di Bielorussia e la Chiesa ortodossa bielorussa (BOC) legata al Patriarcato di Mosca hanno firmato un accordo che stabilisce una relazione speciale tra le due entità. Sebbene tale riferimento non sia esplicitamente diretto contro altre religioni, l’articolo 2 del concordato parla di cooperazione «contro le strutture pseudo-religiose che presentano un pericolo per le persone e la società».

Nel luglio 2016 è entrata in vigore la legge della Repubblica di Bielorussia sul servizio alternativo. Questa permette a coloro che non intendono partecipare ad attività militari per motivi religiosi di prendere invece parte ad attività umanitarie. Questa opportunità è stata accolta con favore, in particolar modo dai Testimoni di Geova. Nel luglio 2018, le sanzioni penali per le attività religiose non registrate, comprese le riunioni di culto, sono state abolite, ma sono state sostituite da multe per somme pari fino a cinque settimane di salario medio. 

Nel luglio 2019, nella capitale Minsk, la chiesa pentecostale “Your Will Be Done” non ha potuto riunirsi per il culto per timore di incorrere in una possibile sanzione, dopo che i funzionari avevano addotto diverse ragioni per respingere la quarta domanda di registrazione della Chiesa. È dal 2017 che il gruppo religioso prova a registrarsi, ma secondo gli ufficiali incaricati di analizzare le domande la fede della Chiesa è «sconosciuta in Bielorussia». Un funzionario del distretto ha inoltre comunicato alle autorità cittadine che non erano necessarie nuove comunità religiose, in quanto non richieste dalla popolazione. Nell’ottobre 2018 la polizia ha fermato Andrei Fokin, un uomo di fede battista, e sua moglie perché cantavano e offrivano letteratura cristiana fuori dal mercato di Lepel. «Siamo stati trattati come criminali e portati alla stazione di polizia», ha dichiarato Andrei Fokin. Un tribunale ha multato entrambi i coniugi per una somma pari ad un mese di salario medio ciascuno. Gli ufficiali giudiziari stanno inoltre cercando di confiscare i beni dell’uomo e di impedirgli di guidare. Durante il 2019, le autorità hanno continuato a negare la registrazione a diverse comunità religiose protestanti, una delle quali appartiene all’Unione delle Chiese Cristiane Full Gospel di Maladzechna. Le autorità della città di Minsk non hanno autorizzato l’Unione dei battisti cristiani evangelici a tenere il proprio Festival internazionale della speranza in città, previsto dal 3 al 5 maggio 2019.

Nonostante i ripetuti appelli dei vescovi locali, durante il periodo di riferimento, vi sono stati diversi casi di mancato rinnovo dei visti di un anno dei sacerdoti cattolici provenienti dalla Polonia. Come motivazione del diniego sono stati addotti diversi pretesti. Ad esempio, ad un sacerdote è stato negato il visto a causa di diverse infrazioni stradali. In un altro caso, i cattolici locali hanno protestato con le autorità e queste hanno cambiato la loro decisione. I leader cattolici sostengono che in realtà lo Stato stia perseguendo una politica mirata intenzionalmente a ridurre il numero di sacerdoti cattolici stranieri in servizio in Bielorussia. Anche le attività di un sacerdote cattolico russo sono state limitate. Al religioso infatti è stato consentito di rimanere a Vitsebsk per continuare la costruzione di una nuova chiesa, ma al tempo stesso gli è stato vietato di celebrare le messe. 

Nel 2018, le amministrazioni penitenziarie hanno continuato a negare ripetutamente l’accesso ai sacerdoti cattolici romani, ai pastori protestanti e agli imam che volevano visitare i detenuti in carcere. Nel luglio 2019, un decreto del Consiglio dei ministri ha dichiarato che per organizzare degli eventi pubblici era obbligatorio corrispondere delle tasse per coprire i costi dei necessari servizi pubblici, come l’operato degli agenti di polizia, degli operatori sanitari e degli addetti alle pulizie. Il Ministero dell’Interno ha poi precisato che queste tasse non sarebbero state applicate agli eventi da tenersi in particolari luoghi quali chiese e cimiteri. Ciononostante, gli organizzatori greco-cattolici hanno dovuto annullare quello che sarebbe stato il loro 25° pellegrinaggio annuale a causa della cifra «insostenibile» loro richiesta dalla polizia. Gli agenti hanno infatti chiesto alla comunità greco-cattolica di pagare 3.825 rubli (1.800 dollari statunitensi) per poter tenere il pellegrinaggio annuale. 

Nell’agosto 2019, le autorità cittadine di Minsk hanno ritirato la loro originale autorizzazione, risalente al 2016, relativa alla destinazione di un lotto di terreno alla costruzione di una chiesa cattolica. Il diniego è stato formulato in seguito alle proteste dei residenti, che si sono lamentati a causa del cospicuo numero di alberi che sarebbero stati rimossi ai fini della costruzione della chiesa. Le autorità cittadine hanno comunque assegnato un altro appezzamento di terreno alla comunità cattolica. Nel frattempo un altro permesso di costruzione, concesso nel 2015, per l’edificazione dell’Accademia teologica Giovanni Paolo II di Minsk è stato revocato e rimane ancora «in sospeso» al momento della stesura di questo Rapporto.

Nella primavera del 2018 è stato negato l’ingresso in Bielorussia a due sacerdoti ortodossi provenienti dalla Russia, invitati dall’arcivescovo Dimitry (Drozdov) di Vitebsk a servire come parroci nella sua diocesi. Ufficiosamente, alla diocesi è stato riferito che il governo preferiva che ad essere formate per servire come sacerdoti fossero persone del luogo. Nel novembre 2018, le autorità hanno trattenuto per 24 ore padre Vikentsy, un sacerdote della Chiesa ortodossa autocefala bielorussa – che non è ufficialmente registrata nel Paese – per aver predicato e chiesto donazioni in un condominio a Minsk. Il 30 novembre, un tribunale distrettuale della capitale bielorussa ha chiuso il caso dichiarando padre Vikentsy non colpevole.

Il 26 maggio 2019, le autorità di Homyel hanno riferito di aver identificato l’individuo che nel dicembre 2014 aveva dipinto una svastica e scritto gli slogan «A morte gli ebrei» e «Olocausto» su un edificio appartenente ad una comunità ebraica locale. L’uomo, che avrebbe ammesso la sua colpa, apparteneva a un gruppo neonazista. Il 9 ottobre 2019, alcuni operai edili hanno danneggiato il sito di un ex cimitero ebraico situato in un parco nel centro di Minsk. Le comunità ebraiche hanno continuato a presentare petizioni al governo al fine di proteggere il sito da qualsiasi scavo o lavoro di costruzione. In risposta, l’ufficio del procuratore della città ha asserito che i lavori in questione, ovvero la manutenzione del sistema fognario, non avevano violato alcun regolamento.

Secondo fonti appartenenti alla loro comunità, nonostante siano ufficialmente autorizzati ad esistere in Bielorussia, i Testimoni di Geova sono continuamente esclusi dalle procedure di registrazione, il che costringe il gruppo ad incorrere in notevoli rischi per portare avanti le proprie attività. In alcune aree e città, dove sono presenti da decenni, ai Testimoni di Geova viene negato il diritto di riunirsi in abitazioni private e sono costretti a pagare multe o subire condanne detentive per la distribuzione di letteratura religiosa in luoghi pubblici. La comunità di Borisov, nella regione di Minsk, si è vista respingere 16 richieste di registrazione in vent’anni. I Testimoni di Geova sostengono che ogni volta che un nuovo funzionario prende il comando a livello locale, la comunità deve trovare un modo per continuare a esercitare il proprio diritto alla libertà religiosa.

Il governo ha proseguito ad imporre agli studenti la lettura di libri di testo che, secondo i rappresentanti dei gruppi religiosi non tradizionali, promuovono l’intolleranza nei loro confronti, giacché in alcuni capitoli etichettano tali gruppi come “sette”. Nei libri di testo in questione è inoltre scritto che i gruppi religiosi non tradizionali «lottano per l’esclusività del loro ruolo, della loro dottrina e dei loro princìpi», sono isolazionisti e pretendono di essere scelti da Dio. Il 2020 è stato un periodo turbolento e drammatico in Bielorussia. Il 9 agosto di quell’anno si sono tenute le elezioni presidenziali e, secondo i risultati, Alexander Lukashenko si sarebbe aggiudicato il sesto mandato presidenziale ottenendo l’80 per cento dei voti, contro il 10 per cento appena di preferenze riscosso dal candidato dell’opposizione, Sviatlana Tsikhanouskaya. Il risultato ufficiale è stato ampiamente contestato e ha scatenato proteste in tutto il Paese. 

Le comunità religiose hanno giocato un ruolo importante nell’ambito delle proteste promosse dall’opposizione. La Chiesa cattolica bielorussa ha espresso il proprio sostegno ai manifestanti e nel periodo successivo alle elezioni l’allora arcivescovo cattolico di Minsk e Mohilev, monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, ha invitato le autorità bielorusse a porre fine alle violenze, affermando che lo spargimento di sangue nelle strade delle città bielorusse rappresentava un «grave peccato sulla coscienza di coloro che impartiscono ordini criminali e commettono violenze». Il 19 agosto, l’arcivescovo Kondrusiewicz ha pregato fuori dalla prigione dove i manifestanti arrestati sarebbero stati sottoposti a torture. Quando ha espresso il proprio desiderio di visitare i prigionieri, le autorità gli hanno rifiutato l’ingresso. Senza alcun tipo di preavviso, il 23 agosto, la radio bielorussa controllata dallo Stato ha interrotto la tradizionale trasmissione delle messe cattoliche. La Chiesa ortodossa bielorussa non ha invece avuto voce unanime al riguardo. La leadership della Chiesa, che mantiene stretti legami con la Federazione Russa, ha riconosciuto i risultati delle elezioni preferendo rimanere “neutrale” durante le manifestazioni. 

Alcuni vescovi e molti sacerdoti, tuttavia, hanno sostenuto i manifestanti esprimendo la propria posizione antigovernativa. A causa di ulteriori pressioni da parte dei fedeli bielorussi, e probabilmente del proprio stesso clero, la Chiesa ortodossa bielorussa ha in seguito cambiato posizione. Il 15 agosto, il sinodo della Chiesa ha condannato con forza sia la dura reazione delle forze statali che alcune provocazioni da parte dei manifestanti. Il metropolita Paval della Chiesa ortodossa bielorussa di Minsk e Zaslaul ha criticato la brutalità del governo e ha visitato alcuni dei feriti in ospedale. Il Sacro Sinodo della Chiesa ortodossa russa lo ha rimosso il 26 agosto e lo ha sostituito con il vescovo Venimian di Borisov e Maryinogorsk. Molti cristiani protestanti si sono uniti alle manifestazioni o le hanno sostenute, e alcuni di loro sono stati arrestati e condannati. Il 14 agosto, pentecostali e carismatici hanno fatto ufficialmente appello alle autorità affinché ponessero fine alle violenze, rilasciassero tutti i detenuti e si impegnassero in un dialogo pacifico con la popolazione. I membri di una congregazione di Minsk hanno lanciato l’iniziativa “Da Kurapaty ad Akreścina, Mai più”, portando migliaia di manifestanti in strada, molti dei quali con una copia della Bibbia in mano, croci e bandiere nazionali bielorusse. Il 26 agosto 2020, durante una protesta, le forze di polizia hanno bloccato l’ingresso della Chiesa dei Santi Symon e Alena a Minsk, comunemente chiamata Chiesa Rossa, mentre manifestanti e giornalisti cercavano riparo al suo interno. Monsignor Kondrusiewicz ha definito l’incidente «inaccettabile e illegale». Il 31 agosto, gli agenti della sicurezza di frontiera bielorussa hanno fermato l’arcivescovo Kondrusiewicz di ritorno dalla Polonia. Sebbene il prelato sia un cittadino bielorusso, le autorità hanno dichiarato non valido il suo passaporto costringendolo a rimanere in Polonia, con forte turbamento dei cittadini bielorussi, che hanno espresso la loro solidarietà nei confronti del presule, indipendentemente dall’appartenenza religiosa. Il 1° settembre, il presidente Alexander Lukashenko ha dichiarato che all’arcivescovo era stato vietato il rientro perché «riceve ordini dalla Polonia e mischia Chiesa e politica». L’esilio forzato di monsignor Kondrusiewicz è stato condannato anche dalla comunità internazionale. Il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevičs, ha rilasciato una dichiarazione, così come il segretario di Stato americano Michael Pompeo, condannando il divieto d’ingresso imposto all’arcivescovo. 

In un’atmosfera di solidarietà, il 5 settembre ha avuto luogo una Santa Messa nella Chiesa Rossa di Minsk, celebrata dal vescovo Jury Kasabucki di Minsk-Mogilev. Il vescovo Kasabucki ha esortato i cattolici a rimanere uniti, insistendo che le «azioni e le dichiarazioni» dell’arcivescovo erano conformi all’insegnamento cattolico e alla legge bielorussa. «È ovvio che stanno cercando di fare pressione sulla Chiesa, il che significa che la Chiesa è perseguitata... anche se nessuno lo dice apertamente, esattamente come accaduto durante le gravi persecuzioni dell’era sovietica. I fatti mostrano che la situazione è del tutto simile ora». Il vescovo è stato ufficialmente ammonito dall’ufficio del procuratore generale bielorusso.

Gli incidenti contro i sacerdoti hanno iniziato a verificarsi subito dopo il divieto di reingresso dell’arcivescovo Kondrusiewicz. Il 4 settembre, il sacerdote polacco padre Jerzy Wilk ha ricevuto una lettera dal plenipotenziario per la religione e la nazionalità del Consiglio dei ministri bielorusso, Leanid Hulaka, con la quale lo si informava che le autorità «avevano cancellato il suo invito a servire nella diocesi di Vitebsk». L’8 dicembre, il religioso gesuita padre Viktar Zhuk e il sacerdote greco-cattolico padre Alyaksei Varanko, entrambi di Vitebsk, sono stati arrestati e posti agli arresti domiciliari il giorno seguente. Entrambi sono stati accusati di aver partecipato a eventi non autorizzati. A novembre, l’addetto stampa della Chiesa ortodossa bielorussa, padre Sergei Lepin, è stato costretto a dimettersi dopo aver denunciato il «satanico calpestio di bandiere e icone» da parte della polizia durante uno dei giri di vite a Minsk. Il leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, in esilio in Lituania da agosto 2020, ha inviato una lettera a Papa Francesco all’inizio del dicembre dello stesso anno, denunciando che il clero e i laici di tutte le confessioni hanno dovuto subire «la persecuzione da parte delle autorità».

Infine, il 24 dicembre, monsignor Tadeusz Kondrusiewicz è stato autorizzato a tornare in Bielorussia dopo 16 settimane di esilio. Il giorno seguente ha presieduto due messe di Natale a Minsk. Il ritorno è stato il risultato della mediazione del nuovo nunzio apostolico in Bielorussia, monsignor Ante Jozic, e del Vaticano. Secondo il ministro degli Esteri bielorusso, Vladimir Makei, dopo aver ricevuto una lettera personale di Papa Francesco, il presidente Alexander Lukashenko ha deciso che l’imminente festività natalizia fosse l’occasione giusta per prendere questa decisione, «nonostante una serie di elementi negativi di questa persona». 

In un’intervista rilasciata successivamente ai media polacchi, l’arcivescovo Kondrusiewicz ha assicurato di aver lavorato per il Vangelo e per la riconciliazione nel Paese, e di non aver mai tramato contro le autorità dello Stato bielorusso.

La Bielorussia è stata testimone per diversi mesi di sconvolgimenti politici e manifestazioni pubbliche in cui la maggior parte dei diritti umani sono posti a rischio, inclusa la libertà religiosa. La tendenza è verso un sempre maggiore controllo autoritario con il rischio di gravi conseguenze per le organizzazioni religiose del Paese. Lo stato di diritto in materia di libertà religiosa è applicato in modo disomogeneo ed è soggetto ai capricci delle autorità in carica, il che si traduce spesso in azioni confuse e arbitrarie contro varie comunità religiose, incluse quelle ortodosse. 

La Bielorussia è bloccata tra le richieste popolari per una democrazia in stile occidentale e gli interessi nazionali e internazionali a mantenere lo status quo regionale. Entrambi gli attori stranieri e interni cercano di minare l’autorità della Chiesa cattolica e di fomentare le storiche tensioni tra le comunità religiose (ovvero tra gli ortodossi e i cattolici) al fine di causare spaccature all’interno del fronte dei manifestanti, che ad oggi rappresentano la minaccia più grave per l’apparato statale. In questo clima, le prospettive per i diritti umani, inclusa la libertà religiosa, rimangono negative.

Nessun commento:

Posta un commento