domenica 8 ottobre 2023

I GRUPPI ESTREMISTI RELIGIOSI HANNO SCARSO INTERESSE PER UNA SOLUZIONE PACIFICA TRA ISRAELIANI E PALESTINESI


A cura di Aiuto alla Chiesa Che Soffre



Sin dalla sua indipendenza nel 1948, Israele si è sempre definito come uno Stato ebraico e democratico. Gli ebrei di tutto il mondo che soddisfano determinati criteri hanno il diritto di diventare cittadini dello Stato. Nel 1967, Israele ha conquistato Gerusalemme Est, la Cisgiordania, Gaza e le alture del Golan. Ad oggi, questi territori sono contesi e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la Corte Internazionale di Giustizia li considerano sotto occupazione. Di conseguenza, gli insediamenti di Israele in queste zone sono considerati illegali.

I palestinesi arabi sunniti costituiscono il principale gruppo non ebraico presente nel Paese. Anche i cristiani israeliani sono in maggioranza arabi palestinesi e gli appartenenti di entrambe le comunità hanno cittadinanza israeliana. La maggior parte dei cristiani appartiene alle Chiese greco-cattolica melchita e cattolica romana, seguite da quella greco-ortodossa. Altre minoranze includono la comunità drusa. Nel 1957, i drusi sono stati designati dal governo come un gruppo etnico distinto e una comunità religiosa autonoma.

Israele non ha una Costituzione ufficiale, e pertanto per le disposizioni relative alla libertà religiosa è necessario fare riferimento alla Dichiarazione d’Indipendenza del 1948, secondo la quale «lo Stato di Israele [...] sosterrà la piena uguaglianza sociale e politica di tutti i suoi cittadini senza distinzione di razza, credo o genere; garantirà la piena libertà di coscienza, di culto, di educazione e di cultura; salvaguarderà la santità e l’inviolabilità dei santuari e dei luoghi sacri di tutte le religioni; e sarà fedele ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite». La Corte Suprema israeliana ha stabilito che la “Legge fondamentale sulla dignità umana e la libertà” rappresenta la base giuridica per le libertà fondamentali, come quella religiosa.

Nel luglio 2018, il Parlamento israeliano (Knesset) ha approvato una normativa intitolata “Legge fondamentale: Israele come Stato-nazione del popolo ebraico”, nella quale si afferma che «la Terra di Israele è la patria storica del popolo ebraico, in cui è stato istituito lo Stato di Israele». Quindi, «lo Stato di Israele è lo Stato-nazione del popolo ebraico, in cui questo può realizzare il proprio diritto naturale, culturale, religioso e storico all’autodeterminazione. [...] L’esercizio del diritto all’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è ad esclusivo beneficio del popolo ebraico».

L’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa (ACOHL) ha fortemente criticato la legge. In una dichiarazione rilasciata nel novembre 2018, gli Ordinari hanno infatti affermato: «Noi, in qualità di leader religiosi delle Chiese cattoliche, chiediamo alle autorità di abrogare questa legge fondamentale e di assicurare a tutti che lo Stato di Israele cerca di promuovere e proteggere il benessere e la sicurezza di tutti i suoi cittadini». Nel luglio 2021, la Corte Suprema di Israele ha respinto tutte le petizioni contro questa legge fondamentale.

Nonostante lo status speciale riservato agli ebrei, in Israele l’Ebraismo non è la religione ufficiale di Stato. Le istituzioni statali sono laiche e funzionano secondo il modello delle democrazie occidentali. Tuttavia, le disposizioni specifiche relative all’Ebraismo predominano nelle pratiche sociali, come l’osservanza del sabato, il cibo kosher, ecc. Queste possono creare tensioni tra gli ebrei osservanti e quelli non praticanti.

I cittadini non ebrei godono, in teoria, degli stessi diritti e doveri civili dei cittadini ebrei. Possono, ad esempio, votare nelle consultazioni elettorali, affiliarsi a partiti politici ed essere eletti come membri della Knesset. Tuttavia, il ruolo degli appartenenti alle minoranze è pressoché irrilevante nella vita politica e, salvo alcune eccezioni – in particolare per quanto riguarda i drusi – questi non possono arruolarsi nelle forze di difesa israeliane (IDF). Di conseguenza, gli arabi israeliani sono privati dei vari benefici derivanti dal prestare il servizio militare.

Le conversioni da una religione all’altra sono legali, ma i convertiti subiscono una notevole quanto molesta pressione sociale. Il proselitismo è legale per tutti i gruppi religiosi. Tuttavia, la sezione 174A del Codice Penale israeliano vieta di offrire benefici materiali come incentivo alla conversione e di accettarli. Secondo le sezioni 368 (a) e (b) del Codice Penale, è altresì illegale far convertire una persona di età inferiore ai 18 anni, a meno che uno dei genitori non sia un membro del gruppo religioso interessato a convertire il minore. Le questioni relative allo status personale sono regolate dalle comunità religiose riconosciute alle quali un cittadino appartiene. Non esiste il matrimonio civile, sebbene i matrimoni celebrati all’estero siano riconosciuti.

2021

A maggio, la polizia israeliana ha fatto irruzione nella Moschea Al-Aqsa in seguito a scontri con i palestinesi. Oltre 300 persone hanno riportato ferite14. Sempre a maggio, il Patriarcato latino ha dichiarato in un comunicato che la violenza usata per impedire ai musulmani palestinesi di raggiungere la Moschea Al-Aqsa a Gerusalemme «mina la loro sicurezza e il loro diritto ad avere accesso ai luoghi Santi e a pregare liberamente». Nello stesso mese, il vescovo cattolico Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario del Patriarcato Latino di Gerusalemme per la Palestina e la Città Santa, ha criticato i bombardamenti israeliani su Gaza che hanno danneggiato anche le infrastrutture cristiane. I raid israeliani hanno avuto luogo dopo il lancio di missili da parte di gruppi islamisti verso il territorio di Israele. In precedenza, Hamas aveva intimato a Israele di rimuovere le sue forze dal Monte del Tempio, dislocate a seguito di scontri con i palestinesi. Gli attacchi aerei su Gaza hanno danneggiato delle abitazioni cristiane, nonché il convento e la scuola materna delle Suore Missionarie del Santo Rosario. Il conflitto, che ha ucciso più di 250 persone, soprattutto a Gaza, si è concluso con un cessate il fuoco. Sempre a maggio, in diverse città le tensioni tra residenti ebrei e arabi sono sfociate in violenze. A Lod, gli arabi israeliani hanno compiuto cinque attacchi incendiari contro quattro sinagoghe. Secondo le testimonianze, un cimitero musulmano è stato dato alle fiamme per ritorsione da parte della comunità ebraica.

A luglio, è stato criticato un commento del Primo Ministro israeliano Naftali Bennett sul «mantenimento della libertà di culto per gli ebrei» al Monte del Tempio. Il Ministro della Cooperazione Regionale arabo-israeliano Issawi Frej ha affermato che «la lenta erosione dello status quo nel complesso di Al-Aqsa non contribuisce a nulla, se non all’instabilità della regione e della coalizione». Ad agosto, è stata rubata una croce dalla Chiesa della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci a Tabgha. Un rappresentante dell’organizzazione che gestisce l’area ha definito il furto un atto anticristiano. Secondo la stessa fonte, la rimozione della croce richiedeva una notevole forza fisica e quindi si trattava di un atto premeditato.

A settembre, un israeliano di 69 anni è stato condannato a tre anni di carcere e a una multa per aver compiuto una serie di attentati incendiari contro le sedi di alcuni tribunali rabbinici, motivati dal suo desiderio di vedere una netta separazione tra religione e Stato in Israele. Nello stesso mese, i rabbini hanno protestato contro la designazione del movimento ebraico Lehava come organizzazione terroristica. Secondo i leader religiosi, l’organizzazione, che si impegna contro il matrimonio tra ebrei e non ebrei, e contro i diritti LGBT, «deve essere autorizzata a continuare le sue importanti attività». Sempre a settembre, un musulmano è stato accusato di omicidio dopo aver assassinato sua madre, la quale si era convertita dall’Islam al Cristianesimo ortodosso. In ottobre, il Tribunale distrettuale di Gerusalemme ha ritirato il permesso di un tribunale inferiore per le «preghiere silenziose» degli ebrei nei cortili della Moschea Al-Aqsa. L’appello è stato presentato dalla polizia israeliana.

Nello stesso mese, la Chiesa cattolica ha criticato la polizia israeliana per aver interrotto con la forza un festival culturale palestinese organizzato nella Casa di Abramo, un’istituzione cattolica di Gerusalemme che offre ospitalità ai pellegrini. I leader della Chiesa cattolica hanno espresso la loro profonda preoccupazione per l’atto repressivo e ingiustificato. La polizia israeliana ha dichiarato che l’evento era illegale.

Sempre in ottobre, Israele ha iniziato a demolire il cimitero musulmano di Yusufiya, vicino alla Moschea di Al-Aqsa, per includere l’area in un parco biblico. In ottobre, il Ministro dell’Interno israeliano Ayelet Shaked ha annunciato che Mughar riceverà lo status di città, diventando così la prima città drusa di Israele.

A novembre, partiti dell’opposizione hanno proposto al Parlamento di Israele un disegno di legge volto a riconoscere ufficialmente come genocidio il massacro sistematico degli armeni perpetrato tra il 1914 e il 1916. Nello stesso mese, un uomo di Hamas ha ucciso una guida turistica israeliana e ha ferito altre quattro persone vicino all’ingresso di Haram al Sharif a Gerusalemme. La polizia israeliana ha colpito a morte l’assalitore. Hamas ha poi definito l’attacco eroico. Secondo un reportage giornalistico, a dicembre le organizzazioni cristiane israeliane hanno protestato contro la decisione del Ministero dell’Interno di esentare solo i visitatori ebrei in Israele dalle restrizioni relative al Covid-19 in vigore per i cittadini stranieri. A dicembre, un palestinese ha accoltellato e ferito un ebreo ultraortodosso a Gerusalemme ed è stato poi ucciso dalla polizia. Più tardi nello stesso mese, sempre nella Città Santa, un palestinese ha tentato di accoltellare due ebrei ultraortodossi. L’uomo è stato arrestato e non è stata segnalata alcuna vittima.

Nello stesso mese, il Ministero degli Esteri ha respinto le accuse dei leader delle Chiese, in quanto ritenute infondate e fuorvianti rispetto alla realtà della comunità cristiana in Israele. Il Ministero ha reagito a una dichiarazione dei leader cristiani che sottolineava gli «innumerevoli attacchi» subiti da chiese, monasteri e rappresentanti del clero da parte di «gruppi radicali» israeliani. Nel loro appello, i capi delle Chiese hanno anche chiesto la creazione di una «zona di protezione» per il quartiere cristiano di Gerusalemme. Durante un incontro con i leader delle Chiese, il Presidente israeliano Isaac Herzog ha respinto ogni forma di razzismo, discriminazione ed estremismo. Nel dicembre 2021, l’Ufficio centrale di statistica israeliano (ICBS) ha pubblicato dei dati secondo cui il numero di cristiani in Israele sarebbe lievemente aumentato, mentre la percentuale di cristiani sarebbe diminuita. Secondo l’ICBS, attualmente in Israele vivono 182.000 cristiani, che corrispondono all’1,9 per cento della popolazione totale.

2022

Nel mese di febbraio, l’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede ha affermato che lo status del Monte degli Ulivi a Gerusalemme non sarà modificato senza previa consultazione delle Chiese. In precedenza, il progetto di includere i Luoghi Santi cristiani sul Monte degli Ulivi in una riserva naturale che si estende fino alla Valle di Hinnom aveva suscitato polemiche. In una lettera al Primo Ministro israeliano, i leader delle Chiese di Gerusalemme hanno chiesto di bloccare il progetto. «L’unico obiettivo evidente sembra essere quello di nazionalizzare uno dei siti più sacri del Cristianesimo e di stravolgerne le prerogative», si legge nella missiva.

A marzo, i vertici delle Chiese in Terra Santa hanno espresso la loro solidarietà con la Chiesa greco-ortodossa, condannando l’acquisizione di parti di un edificio contestato a Gerusalemme da parte dell’organizzazione ebraica Ateret Cohanim40. In merito alla proprietà dell’edificio, è in corso da anni una disputa legale tra il Patriarcato greco-ortodosso e Ateret Cohanim. A maggio, secondo la polizia, un santuario ebraico vicino a Kfar Saba, ritenuto il luogo di sepoltura di Beniamino, figlio del patriarca Giacobbe, sarebbe stato danneggiato da un incendio. A giugno, la Corte Suprema di Israele ha respinto definitivamente l’appello del Patriarcato greco-ortodosso sulle proprietà acquisite da Ateret Cohanim.

Nel mese di aprile, Israele ha concesso a 722 cristiani palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza il permesso di celebrare la Pasqua a Gerusalemme. La Chiesa cattolica di Gaza ha espresso il suo apprezzamento per il numero relativamente elevato di permessi. Ad aprile, il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme ha notato come il limite al numero di fedeli imposto dalla polizia israeliana per la cerimonia pasquale del Fuoco Sacro nella Chiesa del Santo Sepolcro costituisse una «violazione del diritto alla libertà di culto». 

Secondo quanto riferito dalla polizia all’Agence France-Presse, il Patriarcato greco-ortodosso avrebbe presentato una petizione alla Corte Suprema di Israele per annullare la decisione della polizia, offrendo una soluzione di compromesso che avrebbe permesso a 4.000 fedeli di partecipare alla cerimonia all’interno e all’esterno della chiesa. La polizia ha giustificato le restrizioni adducendo problemi legati alla sicurezza. Sempre ad aprile, Israele ha dichiarato di voler mantenere lo status quo nel complesso della Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, il che include la libertà di preghiera esclusiva per i musulmani e il diritto di visita per i non musulmani. Un portavoce ha dichiarato che la polizia fa rispettare il divieto di preghiera degli ebrei, respingendo così le accuse della Lega Araba secondo cui avrebbe permesso di praticare il culto ai fedeli ebraici.

A maggio, le forze di sicurezza israeliane sono entrate nel complesso Haram al Sharif-Monte del Tempio a Gerusalemme per disperdere i manifestanti palestinesi. Le forze di polizia hanno sostenuto di essere state costrette a intervenire dopo che i manifestanti avevano scagliato pietre contro gli agenti di sicurezza. Testimoni palestinesi hanno invece affermato che inizialmente non vi è stato alcun lancio di pietre. Le tensioni hanno avuto origine dopo la ripresa delle visite dei fedeli ebraici al sito, in seguito alla pausa imposta durante gli ultimi dieci giorni del mese sacro musulmano del Ramadan e della festività di Eid al-Fitr. Nelle settimane precedenti, nel complesso erano già scoppiati diversi scontri tra la polizia e i fedeli.

A maggio, i leader delle Chiese di Terra Santa hanno condannato l’intervento della polizia israeliana durante il corteo funebre della giornalista cristiana palestinese Shireen Abu Akleh definendolo una «grave violazione delle norme e dei regolamenti internazionali, compreso il diritto umano fondamentale della libertà religiosa, che deve essere osservato anche in un luogo pubblico». La giornalista è stata uccisa a colpi di pistola durante un’incursione dell’esercito israeliano in un campo profughi. I palestinesi accusano Israele della sua morte. In seguito, Tel Aviv ha ammesso che Abu Akleh è stata probabilmente uccisa accidentalmente dal fuoco israeliano, dichiarando tuttavia che non sarebbero state formulate accuse contro i soldati coinvolti. Secondo il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, nel mese di giugno estremisti israeliani hanno fatto irruzione nella Cappella della Pentecoste sul Monte Sion a Gerusalemme. «Circa cinquanta israeliani hanno forzato il cancello e le barriere e hanno violato la cappella sulla collina di Sion», si legge in una dichiarazione del Patriarcato. Il Ministero degli Esteri greco ha chiesto una risposta appropriata da parte di Israele. 

A giugno, i leader cristiani della Terra Santa hanno espresso le proprie aspettative in merito alla visita del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Israele. «Speriamo che la visita del Presidente Biden incoraggi la ricerca di soluzioni alle emergenze che affliggono i palestinesi, sia cristiani che musulmani, e che includono le violazioni contro chiese e monasteri compiute da gruppi estremisti, nel silenzio delle competenti autorità israeliane”, ha osservato il Patriarca greco-ortodosso Theophilos.

Nello stesso mese, il quotidiano Al-Resalah ha riferito che dei vandali non identificati hanno incendiato il cimitero islamico Bab Al-Rahma, sul lato orientale della Moschea Al-Aqsa a Gerusalemme. Sempre a giugno, degli ebrei ultraortodossi hanno interrotto una celebrazione di riformisti ebraici che si svolgeva nello spazio di preghiera privo di segregazione di genere vicino al Muro Occidentale di Gerusalemme. Secondo i rapporti, gli aggressori hanno maledetto i fedeli, chiamandoli «nazisti», «cristiani» e «animali».

A luglio, il Primo Ministro israeliano Yair Lapid ha dichiarato: «Israele è l’unico Paese occidentale in cui gli ebrei non hanno libertà di culto», riferendosi all’interruzione da parte degli ebrei ultraortodossi delle cerimonie dei gruppi riformisti ebraici che hanno luogo nello spazio di preghiera pluralistico nel lato occidentale del Muro del Pianto, a Gerusalemme. Ad agosto, Israele ha bombardato Gaza al fine di distruggere le infrastrutture dei militanti della Jihad islamica palestinese. Il gruppo, sostenuto dall’Iran, ha lanciato in risposta dei razzi contro Israele. Almeno 44 palestinesi sono morti prima che un cessate il fuoco ponesse fine allo scontro. Nello stesso mese, un numero record di quasi 2.200 ebrei ha visitato il complesso del Monte del Tempio in occasione della festività ebraica Tisha B’Av, un giorno di digiuno che segna la distruzione dei due templi di Gerusalemme. La polizia ha evitato che scoppiassero delle violenze. A settembre, sono stati pubblicati dei dati che indicavano come, nell’ultimo anno, gli ebrei avessero visitato il Monte del Tempio più di 50.000 volte. Secondo il rapporto, si tratta del numero più alto da quando Israele ha ottenuto il controllo dell’area nel 1967 e di quasi il doppio rispetto all’anno precedente. In ottobre, la polizia israeliana ha smantellato una cellula dello Stato Islamico che avrebbe pianificato, tra gli altri obiettivi, un attacco a una scuola islamica di Nazareth che, secondo i jihadisti, «opera come fanno gli infedeli». L’organizzazione terroristica ha rivendicato due attacchi mortali avvenuti nel marzo 2022 ad Hadera che hanno causato la morte di due agenti della polizia di frontiera e il ferimento di 12 persone. In precedenza, un beduino israeliano, che era stato arrestato qualche anno prima perché sostenitore dello Stato Islamico, ha accoltellato a morte quattro israeliani a Beersheba.

Prospettive per la libertà religiosa

Durante il periodo in esame, sono aumentate le tensioni tra i cittadini israeliani ebrei e non ebrei. Nel maggio 2021, in diverse città israeliane sono scoppiati scontri simili a guerre civili. Considerato che l’Ebraismo, oltre ad essere religione di maggioranza, influenza fortemente la società israeliana e tenuto conto del conflitto politico irrisolto con i palestinesi, in prevalenza musulmani, è spesso difficile capire se le tensioni siano originate da fattori religiosi o politici. Tuttavia, i gruppi estremisti religiosi come l’islamista Hamas e i gruppi nazional-religiosi ebraici sembrano mostrare scarso interesse per una soluzione pacifica e giusta del conflitto territoriale tra israeliani e palestinesi. Gli estremisti, incoraggiati dall’impasse politica, ricorrono a mezzi violenti, come rivelano gli attacchi contro Israele da parte di gruppi come Hamas e la Jihad islamica. Inoltre, il terrorismo islamico continua a prendere di mira i cittadini israeliani all’interno dello Stato di Israele. Da parte loro, gli ebrei fondamentalisti stanno cercando di cambiare lo status quo sul Monte del Tempio o Haram al-Sharif (Nobile Santuario) a Gerusalemme. In un’area estremamente critica, questo è uno sviluppo preoccupante. Durante il periodo in esame, come mai in precedenza, i leader cristiani hanno levato la propria voce lanciando appelli per la pace e denunciando gli attacchi alla comunità cristiana, che avvengono soprattutto a Gerusalemme, da parte di estremisti ebraici che rimangono sovente impuniti. La preoccupazione per questi sviluppi sociali rappresenta un indebolimento della tenuta e del valore dello stato di diritto democratico di Israele. Sebbene le leggi del Paese garantiscano ancora la piena libertà religiosa per tutti i cittadini, l’intolleranza talvolta violenta diffusa ai margini della società ebraica rende più difficile per le minoranze religiose esercitare i propri diritti. Le prospettive sono quindi negative.

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