lunedì 9 ottobre 2023

PALESTINA, IL CONFLITTO POLITICO IN CORSO CON ISRAELE INDEBOLIRÀ LA PRESENZA CRISTIANA IN CISGIORDANIA E A GAZA



A cura di Aiuto alla Chiesa che Soffre



L’ISLAM SUNNITA È LA RELIGIONE UFFICIALE NEI TERRITORI PALESTINESI. PERTANTO, NESSUN RESIDENTE, NÉ IN CISGIORDANIA, GOVERNATA DA FATAH, NÉ IN GAZA, CONTROLLATA DA HAMAS, GODE DI PIENA LIBERTÀ RELIGIOSA


L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la Corte Internazionale di Giustizia considerano i Territori Palestinesi sotto occupazione israeliana. Tali territori sono nati nel giugno 1967, quando Israele occupò alcune aree oltre le linee che erano state stabilite dall’armistizio del 1949 e detenute fino ad allora da Giordania ed Egitto. Queste aree comprendono Gerusalemme Est, la Cisgiordania e Gaza. 

Nel 1993, come risultato del cosiddetto “Accordo di Oslo”, Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) si riconobbero formalmente a vicenda. Un anno dopo è stata creata l’Autorità (Nazionale) palestinese (AP) come istituzione di autogoverno palestinese in alcune aree della Cisgiordania e di Gaza, ma non a Gerusalemme Est, che Israele considera parte integrante della sua capitale e dove l’Autorità palestinese non esercita alcun potere.

I negoziati bilaterali tra israeliani e palestinesi, volti a creare uno Stato palestinese accanto a quello di Israele, non hanno finora ottenuto risultati. Nel 2005 Israele si è ritirato da Gaza, ma ha mantenuto il controllo sull’accesso alla Striscia. Il partito islamista di Hamas ha assunto il controllo politico di Gaza nel 2007. Da allora i Territori Palestinesi sono stati divisi tra il governo dell’Autorità palestinese, riconosciuto a livello internazionale a Ramallah (Cisgiordania), e Gaza, controllata da Hamas. Durante questo periodo, Israele e Hamas si sono scontrati militarmente in diverse occasioni. Nel novembre 2012, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro.

Attualmente la Palestina è riconosciuta da 139 Stati, inclusa la Santa Sede. Nel 2015 la Santa Sede e lo Stato di Palestina hanno firmato un Accordo Comprensivo, che è entrato in pieno vigore nel gennaio 2016. Il trattato regola aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa cattolica in Palestina, incluso il diritto della Chiesa di operare in territorio palestinese e dei cristiani di praticare la loro fede e partecipare pienamente alla società.

I palestinesi sono per lo più musulmani sunniti, ma esiste anche una locale comunità cristiana di circa 50.000 persone (compresa Gerusalemme Est) e una modesta comunità samaritana di circa 400 membri, che risiede nell’area di Nablus. Circa 500.000 coloni ebrei vivono nei Territori Palestinesi e a Gerusalemme Est, in insediamenti considerati illegali dal diritto internazionale.

La Palestina non ha una Costituzione permanente, ma una legge fondamentale che funge da Carta costituzionale temporanea. L’articolo 4 afferma che «l’Islam è la religione ufficiale in Palestina. Il rispetto per la sacralità di tutte le altre religioni divine deve essere garantito. I princìpi della shari’a islamica sono la fonte principale della legislazione». Secondo l’articolo 9, «i palestinesi sono uguali davanti alla legge e al sistema giudiziario, senza distinzioni basate su razza, genere, colore, religione, opinioni politiche o disabilità». L’articolo 18 stabilisce inoltre che «le libertà di credo e di culto e l’esercizio delle funzioni religiose sono garantiti, a condizione che non vengano violati l’ordine pubblico o la morale pubblica». L’articolo 101 afferma che le questioni disciplinate dalla shari’a e lo status personale sono sotto la giurisdizione delle corti shariatiche e religiose, in conformità alla legge.

Da un punto di vista legale, le conversioni dall’Islam non sono esplicitamente vietate, ma nella pratica non avvengono a causa della forte pressione sociale. Il proselitismo è proibito. Secondo un decreto presidenziale del 2017, i sindaci di dieci comuni – tra cui Ramallah, Betlemme e Beit Jala – devono essere palestinesi di fede cristiana, anche nel caso in cui i cristiani non costituiscano la maggioranza della popolazione nelle rispettive città. Un altro decreto presidenziale del 2005 assegna ai cristiani sei dei 132 seggi del Consiglio Legislativo Palestinese. Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha ministri e consiglieri cristiani. La minoranza religiosa è rappresentata anche tra i diplomatici e l’amministrazione interna dell’Autorità palestinese. 

Un decreto presidenziale del 2008 riconosce ufficialmente 13 Chiese. Queste includono la Chiesa cattolica romana, la Chiesa greco-ortodossa e la Chiesa armena apostolica. I tribunali ecclesiastici decidono su questioni relative allo status personale, quali matrimoni, divorzi ed eredità, in accordo con le leggi della Chiesa. Altre comunità cristiane, per lo più evangeliche, non sono registrate ufficialmente, ma possono operare liberamente. Tuttavia, non hanno gli stessi privilegi quando si tratta di questioni di diritto personale. Nel 2019 il Consiglio delle Chiese evangeliche locali in Palestina ha ottenuto il riconoscimento giuridico.

Nel maggio 2021, il Ministro degli Affari Esteri palestinese Riyad al-Maliki ha dichiarato che l’Autorità Palestinese considera i cristiani palestinesi come una «parte integrante, essenziale e consolidata del proprio popolo, a prescindere dalla percentuale di cristiani in Palestina». In un’intervista con l’Agenzia Fides, il Ministro al-Maliki ha dichiarato: «Non guardiamo ai cristiani come ad una comunità diversa. [...] Erano in Palestina prima dei musulmani. Pertanto, se parliamo di anzianità, hanno la priorità rispetto ai musulmani in Palestina».

Nel maggio 2021, monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario patriarcale emerito del Patriarcato Latino di Gerusalemme per la Palestina e la Città Santa, ha criticato i bombardamenti aerei israeliani su Gaza definendoli sproporzionati. I raid israeliani hanno avuto luogo in seguito al lancio di missili da parte di gruppi islamisti verso il territorio di Israele. In precedenza, Hamas aveva imposto ad Israele un ultimatum per rimuovere le sue forze dal Monte del Tempio in seguito ad alcuni scontri con i palestinesi. Durante le incursioni a Gaza, sono state danneggiate alcune case cristiane, nonché il convento e l’asilo delle Suore del Rosario. Il conflitto, durante il quale sono state uccise più di 250 persone, la maggior parte delle quali a Gaza, si è concluso con un cessate il fuoco. In seguito, durante una manifestazione a Gaza per commemorare le vittime, il membro dell’ufficio politico di Hamas Fathi Hammad ha affermato che «gli ebrei sono un popolo infido. Non ci può essere pace con gli ebrei». 

Nel maggio 2021, Hamas ha anche indetto una “giornata di rabbia” in Cisgiordania per protestare contro la ripresa delle visite dei fedeli ebrei alla Moschea di Al-Aqsa/Monte del Tempio a Gerusalemme. Nel giugno 2021, ha suscitato polemiche la pubblicazione di uno studio di revisione dei libri di testo palestinesi, finanziato dall’Unione Europea. Lo studio ha rilevato che i libri di testo utilizzati per l’anno accademico 2020/2021 non soltanto sottostimavano il punto di vista femminile e cristiano, ma contenevano anche testi e immagini divisivi, incluse alcune modifiche a un’unità didattica con contenuti antisemiti. Secondo l’ONG “IMPACT-se”, i nuovi libri di testo sono «più radicali» e contengono «l’inserimento sistematico di concetti legati alla violenza, al martirio e al jihad in tutti i livelli e in tutte le materie».

Nell’agosto 2021, un centro turistico balneare di Gaza è stato attaccato con un ordigno esplosivo per aver organizzato un concerto di genere misto. Non vi sono state vittime. In precedenza, un predicatore salafita aveva denunciato il concerto definendolo una «corruzione organizzata nella terra del jihad».

Nel settembre 2021, dei funzionari palestinesi hanno criticato il Patriarcato armeno a Gerusalemme per aver affittato un terreno della Chiesa situato a Gerusalemme al Comune e ad un investitore ebreo. Secondo il sito di notizie sul Medio Oriente Al-Monitor, Ramzi Khoury, capo del Comitato Presidenziale Superiore per gli Affari delle Chiese in Palestina, avrebbe inviato una lettera al Catholicos di tutti gli Armeni, il Patriarca Karekin II, definendo le transazioni relative a terreni situati nel Quartiere Armeno nella Città Vecchia di Gerusalemme una violazione del diritto internazionale, in quanto l’area all’interno della Città Vecchia è «parte integrante dei Territori Occupati Palestinesi» ed è pertanto regolata dalle risoluzioni internazionali pertinenti.

Nell’ottobre 2021, il Gran Muftì Muhammad Hussein, massima autorità religiosa dello Stato palestinese, ha parlato alla televisione dell’Autorità palestinese del controllo israeliano di Gerusalemme. Il religioso ha dichiarato che la città «sarà certamente liberata e tornerà all’abbraccio dell’Islam, nobile e forte con i suoi luoghi santi e la sua gente, e il male passerà, se Allah Onnipotente vorrà».

Nel novembre 2021, la Corte Suprema israeliana ha respinto un tentativo palestinese di fermare la costruzione di un ascensore nella Tomba dei Patriarchi a Hebron, che i musulmani chiamano Moschea di Abramo (al Haram al Ibrahimi). Nello stesso mese, una Menorah ebraica di Hannukah è stata rimossa dal tetto della Moschea Nebi Samuel in seguito alle proteste dei palestinesi. Secondo il quotidiano The Times of Israel, la Menorah era stata inizialmente posta dai funzionari dell’Autorità per la Natura e i Parchi nel sito di Nebi Samuel, sacro sia per gli ebrei che per i musulmani, per poi essere spostata all’ingresso della sinagoga. Il sito si trova in Cisgiordania, ma è controllato da Israele. In precedenza, gli abitanti del villaggio si erano lamentati perché la richiesta della comunità musulmana di illuminare una mezzaluna in cima alla moschea era stata respinta. 

Nell’agosto 2021, le autorità israeliane hanno approvato un piano per lo sviluppo del parco archeologico di Nabi Samuel, considerato un luogo sacro. L’ONG “Emek Shaveh” ha criticato il piano notando come questo ignori il villaggio di Nabi Samuel/Samwil, adiacente al sito archeologico, che soffre a causa della mancanza di permessi di costruzione, giacché nessuno dei piani regolatori proposti è stato finora approvato. Sempre nel novembre 2021, un uomo armato appartenente ad Hamas ha ucciso una guida turistica israeliana e ne ha ferite altre quattro vicino all’ingresso del Monte del Tempio a Gerusalemme. La polizia israeliana ha sparato all’aggressore, uccidendolo. Hamas ha poi definito eroico il gesto del proprio membro.

Nello stesso mese, Hamas ha minacciato ripercussioni in relazione alla visita programmata dal Presidente israeliano Isaac Herzog alla Tomba dei Patriarchi/Moschea Al-Ibrahimi di Hebron per la festa ebraica di Hannukah. In occasione della visita, Herzog ha affermato che «il legame storico degli ebrei con Hebron, con la Tomba dei Patriarchi, con l’eredità dei Patriarchi e delle Matriarche, è indiscutibile». Nel dicembre 2020, l’Imam Mahmoud al-Habbash, massima autorità islamica dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha condannato la collocazione di una menorah sul tetto del santuario come un «sacrilegio» e una «profanazione» del luogo sacro. Nel dicembre 2021, un israeliano ha riportato lievi ferite dopo essere stato accoltellato da una donna palestinese vicino al santuario. Nel dicembre 2021, Times of Israel ha riferito che le aggressioni violente da parte dei coloni estremisti ebrei israeliani contro i Palestinesi in Cisgiordania sono aumentate di quasi il 50 per cento nel 2020, ma nella maggior parte dei casi, ad eccezione dei più estremi, si registrano pochi arresti e incriminazioni. Il Ministro della Pubblica Sicurezza israeliano, Omer Barlev, è stato criticato dai politici di destra per aver riferito a un alto funzionario degli Stati Uniti che Israele prende seriamente l’aumento delle violenze commesse dai coloni e prenderà provvedimenti.

Nel dicembre 2021, uno studente ebreo di una scuola religiosa è stato ucciso e altri due lievemente feriti in un attacco vicino a Jenin, in Cisgiordania. In seguito, le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato sei sospetti palestinesi.

Nello stesso mese, due ebrei ultraortodossi israeliani che erano entrati nel centro di Ramallah sono stati aggrediti e la loro auto è stata incendiata da una folla di palestinesi. Le forze di sicurezza palestinesi hanno scortato fuori gli israeliani, che sono rimasti illesi.

Nell’aprile 2022, dei palestinesi hanno fatto irruzione nella Tomba di Giuseppe a Nablus e hanno danneggiato gravemente il sito. La lapide sulla tomba è stata spezzata e le stanze del complesso sono state date alle fiamme. In precedenza, nel dicembre 2021, le forze di sicurezza dell’Autorità palestinese avevano sventato due tentativi di incendio del sito, venerato dagli ebrei. Sempre nel settembre 2021, palestinesi armati hanno attaccato degli autobus che portavano circa 500 fedeli ebrei a pregare alla Tomba di Giuseppe. Le truppe israeliane hanno risposto al fuoco e due soldati israeliani sono rimasti feriti. Nell’agosto 2022, alcuni palestinesi hanno aperto il fuoco contro gli israeliani in visita alla Tomba di Giuseppe. Due visitatori sono stati feriti.

Nell’aprile 2022, il pastore evangelico palestinese Johnny Shahwan è stato rilasciato dall’Autorità Palestinese dopo 40 giorni di detenzione. Era stato accusato di promuovere la “normalizzazione” dei rapporti con Israele. A marzo, Shahwan aveva ricevuto l’ex parlamentare israeliano Yehuda Glick nel suo centro d’incontro a Beit Jala. Glick è noto come promotore di un nuovo Tempio ebraico sul Monte del Tempio a Gerusalemme. Il centro ha rilasciato una dichiarazione secondo cui il pastore non era a conoscenza dell’identità del visitatore. Nello stesso mese, Hamas ha condannato la decisione della Corte Suprema israeliana di limitare a soli 4.000 il numero dei cristiani autorizzati a visitare la Chiesa del Santo Sepolcro per la cerimonia del Fuoco della Pasqua ortodossa. Basem Naim, capo delle relazioni politiche ed estere di Hamas a Gaza, ha porto gli «auguri dell’organizzazione a tutti i cristiani palestinesi per l’avvento di questa festività religiosa». Anche l’Autorità Palestinese ha condannato la decisione israeliana affermando che si tratta di «una sfida palese e pericolosa alle religioni divine e ai loro santuari, una provocazione che denota il disprezzo di tutti i valori umani e religiosi».

Nell’agosto 2022, Israele ha bombardato Gaza, cercando di distruggere le infrastrutture del Movimento per il Jihad islamico in Palestina. Il gruppo, sostenuto dall’Iran, ha risposto lanciando razzi contro Israele. Almeno 44 palestinesi sono morti prima che un cessate il fuoco ponesse fine al conflitto. In seguito, il parroco della parrocchia cattolica della città di Gaza ha dichiarato che incidenti come quello tra Israele e la jihad islamica «alimentano il desiderio di fuggire e favoriscono un senso di rassegnazione e di profondo scoraggiamento, soprattutto tra i cristiani».

Prospettive per la libertà religiosa

L’Islam sunnita è la religione ufficiale nei territori palestinesi. Pertanto, nessun residente, né in Cisgiordania, governata da Fatah, né in Gaza, controllata da Hamas, gode di piena libertà religiosa, poiché il fondamentale elemento della libertà di cambiare religione è assente nella maggior parte delle tradizioni islamiche. I cristiani delle Chiese registrate godono esclusivamente della libertà di culto, sia a livello individuale che collettivo. Questo vale soprattutto per la Cisgiordania, dove l’Autorità Palestinese cerca di mantenere un buon rapporto con le Chiese tradizionali. Tuttavia, la società musulmana conservatrice impone limiti severi all’attività del Cristianesimo. Le restrizioni sono più severe a Gaza, dove Hamas e altri gruppi islamisti controllano la vita quotidiana dei musulmani e dei non musulmani. Sia gli islamici che i cristiani di Gaza e della Cisgiordania non hanno libero transito a Gerusalemme Est, occupata da Israele, e dipendono dai permessi israeliani per poter accedere ai santuari musulmani e cristiani in occasione delle festività. 

Il conflitto politico in corso con Israele continua a indebolire la presenza cristiana in Cisgiordania e ancor di più a Gaza. I recenti e duri scontri militari, le difficoltà economiche inasprite dal Covid-19 e la costante paura di ulteriori conflitti gravano considerevolmente sulla minoranza cristiana. La situazione della libertà religiosa non è cambiata e le possibilità di un cambiamento positivo verso la piena libertà religiosa sono esigue.




Foto di hosny salah da Pixabay


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