lunedì 16 ottobre 2023

IL LIBANO, IL CRESCENTE POTERE POLITICO DI HEZBOLLAH E L'INFLUENZA DELL'IRAN



A cura di Aiuto alla Chiesa che Soffre



In Libano vi è un numero pressoché equivalente di musulmani sunniti e sciiti, che insieme costituiscono circa il 60 per cento della popolazione (in aggiunta a piccole percentuali di alauiti e ismailiti), mentre i cristiani rappresentano circa il 30 per cento, ovvero la più alta percentuale di cristiani tra i Paesi del mondo arabo. Queste percentuali si riferiscono esclusivamente ai cittadini libanesi residenti, escludendo la popolazione palestinese e siriana, prevalentemente sunnita.

Vi sono 18 comunità religiose ufficialmente registrate: cinque gruppi islamici (sciiti, sunniti, drusi, alauiti e ismailiti), 12 gruppi cristiani (maroniti, greco-ortodossi, greco-cattolici, armeno-cattolici, armeno-ortodossi, siro-ortodossi, siro-cattolici, assiri, caldei, copti, protestanti evangelici e cattolici romani) e la comunità ebraica. I bahá’í, i buddisti, gli induisti, diversi gruppi protestanti e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni non sono riconosciuti ufficialmente.

La composizione della popolazione è al centro della vita politica del Paese e i mutamenti demografici hanno importanti implicazioni politiche. Per questo motivo non è stato effettuato alcun censimento successivo a quello del 1932. Le comunità confessionali demograficamente in declino temono quanto potrebbe accadere alla loro rappresentanza politica qualora venissero rese note le loro reali percentuali.

Il Libano è una repubblica parlamentare priva di una religione ufficiale, ma al tempo stesso non è neanche formalmente uno Stato laico. Il sistema politico è confessionale e riserva le più alte cariche politiche alle diverse comunità religiose secondo una ripartizione ben definita: la Presidenza della Repubblica spetta ad un cristiano maronita, l’Ufficio del Primo Ministro (Presidenza del Consiglio dei Ministri) appartiene ad un musulmano sunnita e il Presidente dell’Assemblea Nazionale deve essere espresso dalla comunità musulmana sciita. Le comunità religiose sono rappresentate in Parlamento in base a quote fisse.

La Costituzione del Libano assicura la libertà religiosa. In base all’articolo 7, «tutti i libanesi sono uguali davanti alla legge». L’articolo 9 afferma che «la libertà di coscienza è assoluta» e stabilisce inoltre che «nell’assumere l’obbligo di glorificare Dio, l’Altissimo, lo Stato rispetta tutte le religioni e le fedi e tutela la libertà di esercitare i riti religiosi sotto la sua protezione, a patto che questi non disturbino l’ordine pubblico. È inoltre garantito il rispetto del sistema di status personale e degli interessi religiosi delle persone, indipendentemente dalle loro diverse credenze».

All’articolo 10 si afferma che «l’educazione è libera purché non arrechi disturbo all’ordine pubblico, non violi la morale e non leda la dignità di nessuna religione o credo. Non si può violare il diritto delle comunità di fondare le proprie scuole private, a condizione che queste rispettino gli standard generali stabiliti dallo Stato in merito all’educazione pubblica».

Il 9 marzo 2020, il Presidente Michel Aoun ha sostenuto l’idea di una legge unificata in materia di status personale che avrebbe sostituito le attuali leggi in materia basate sull’affiliazione religiosa, ma non sono stati compiuti ulteriori passi al riguardoIl Codice Penale libanese penalizza la blasfemia e punisce gli insulti contro il nome di Dio e le pratiche di qualsiasi religione con una pena massima di un anno di reclusione. Tuttavia questi concetti non sono chiaramente definiti. La diffamazione e il disprezzo della religione possono essere puniti con una pena detentiva massima di tre anni.

La conversione da una religione all’altra è legale. Un alto rappresentante della religione a cui la persona desidera convertirsi deve autorizzare il processo di cambiamento. La persona potrà poi registrare la nuova religione presso la Direzione dello Stato Personale del Ministero degli Interni (MOI). I convertiti possono incontrare una forte resistenza sociale e, in alcuni casi, subire minacce. 

Le questioni legate allo status personale (come matrimoni, parentele, eredità) sono trattate in base alle distinte giurisdizioni di ciascuna delle 18 comunità religiose riconosciute dallo Stato (12 cristiane, 5 musulmane e una ebraica)Ogni gruppo possiede le proprie regole e gestisce le proprie organizzazioni assistenziali e istituzioni educative. Tuttavia, alcune comunità religiose (yazidi, bahá’í, buddisti e Testimoni di Geova) non sono riconosciute a livello giuridico e pertanto non godono degli stessi diritti dei gruppi istituzionali. I loro appartenenti sono obbligati a dichiararsi membri di gruppi religiosi riconosciuti nei registri governativi al fine di assicurarsi che i loro matrimoni e documenti di status personale siano legalmente validi. Ad ogni modo, anche i gruppi non riconosciuti hanno il permesso di celebrare liberamente i loro riti religiosi.

I membri delle comunità religiose non riconosciute, o coloro che intendono contrarre un matrimonio civile, sono costretti a sposarsi all’estero. Ma, quando si segue questa strada, le leggi da rispettare e la validità del matrimonio sono le stesse del Paese in cui è stata celebrata l’unione civile. La questione se i matrimoni civili possano essere celebrati all’interno del Paese è oggetto di dibattito e alcuni gruppi della società civile e dei diritti umani hanno più volte sollecitato l’adozione ufficiale di una legge in merito. Di conseguenza, a causa delle difficoltà amministrative e legali, i matrimoni civili sono rari in Libano e quando avvengono fanno notizia.

Il 10 settembre 2021, il Primo Ministro Najib Mikati ha annunciato un nuovo governo. Il gabinetto era composto da 22 ministri, tra cui 11 cristiani: 5 maroniti, 2 greco-ortodossi, 2 greco-cattolici, un armeno apostolico e una cattolica di rito latino. Il 15 maggio 2022 si sono tenute le elezioni politiche. Sebbene la situazione generale tenda a rimanere come prima, sono stati registrati alcuni cambiamenti. In particolare, mentre più dell’80 per cento dei 128 seggi parlamentari sono ancora detenuti dai partiti tradizionali, il gruppo Hezbollah ha perso la maggioranza e gli indipendenti sono passati da uno a 13 seggi. Al momento della stesura di questo Rapporto, il nuovo governo non è ancora stato formato. Alla fine di ottobre 2022, il Presidente libanese Michel Aoun si è ritirato dall’incarico lasciando il Paese senza presidente e senza governo e non vi sono segni di un successore imminente. Il Libano ha il maggior numero di rifugiati siriani pro-capite al mondo con una stima complessiva di 1,5 milioni. Inoltre, il Paese ospita anche 18.500 rifugiati provenienti da Etiopia, Iraq, Sudan e altre nazioni, oltre a più di 200.000 rifugiati palestinesi sotto la tutela dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA). L’alto numero di rifugiati causa tensione e angoscia tra le comunità cristiane, le quali temono che la loro proporzione rispetto ai musulmani possa diminuire ulteriormente.

In un Paese in cui politica e religione sono strettamente intrecciate, il diritto alla libertà religiosa dipende dalla politica interna, che a sua volta subisce in larga misura l’influenza delle azioni di attori regionali e internazionali di più ampio respiro. Il 1° luglio 2021, i leader cristiani di diverse Chiese e comunità cristiane del Libano si sono riuniti in Vaticano con Papa Francesco per una giornata di preghiera e di riflessione sulla situazione del Paese.

 Il 14 ottobre 2021, sono scoppiati violenti scontri nell’area cristiana di Tayyouneh, a Beirut, dove si trova il Palazzo di Giustizia. I sostenitori di Hezbollah e del Movimento Amal18 hanno chiesto le dimissioni di Tareq Bitar, il giudice incaricato di indagare sull’esplosione del porto di Beirut dell’agosto 2020, accusandolo di politicizzare l’indagine e di avere pregiudizi. Secondo i testimoni, e quanto si è potuto osservare sui social media, quando i sostenitori sciiti hanno raggiunto l’area cristiana hanno causato danni materiali e gridato «Sciiti! Sciiti!». I cecchini hanno iniziato a sparare. In un rapporto del “Carnegie Middle East Centre”, Malcolm H. Kerr afferma: «Rimane poco chiaro se il fuoco dei cecchini sia stato una reazione all’ingresso dei giovani nel quartiere o un tentativo premeditato di avvertire Hezbollah e Amal che non sarebbero più entrati nei quartieri cristiani senza pagare un prezzo per questo. Molto probabilmente, si è trattato di entrambi».

Secondo quanto riferito, almeno sette persone sono state uccise e più di 30 ferite. Pochi giorni prima, l’11 ottobre, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva chiesto la rimozione di Bitar. Il giorno successivo, durante una riunione di Gabinetto, i ministri di Hezbollah e Amal hanno chiesto nuovamente il licenziamento di Bitar, minacciando le loro dimissioni dal governo.

Alla fine di gennaio 2022, tuttavia, «in risposta alle esigenze dei cittadini» e per «evitare di essere accusati di ostruzionismo», sono rientrati a far parte del Gabinetto. Il 5 novembre 2021, per la prima volta, l’Ambasciatore libanese in Francia ha organizzato a Parigi un ricevimento con alcuni ebrei libanesi. L’iniziativa era volta a «celebrare la diaspora ebraica libanese come simbolo del ruolo del Paese dei Cedri quale faro di civiltà e tolleranza nel mondo arabo». Circa cinquanta ebrei libanesi hanno partecipato a questa «riunione di famiglia». Sebbene molti l’abbiano considerata una mossa positiva, un riavvicinamento alla comunità ebraica, l’iniziativa è stata accolta anche con delle critiche. 

Tra gli articoli pubblicati sull’evento, lo storico libanese Nagi Gerji Zeidan, autore del libro Juifs du Liban (Ebrei del Libano), ha colto l’occasione per descrivere le continue difficoltà affrontate dagli ebrei libanesi in ambito amministrativo (ad esempio, quando devono rinnovare i loro passaporti o cercare di ottenere certificati di nascita, ecc.).

Il 20 dicembre 2021, il cardinale Bechara Al-Rai, il Patriarca greco-ortodosso Giovanni X Yazigi, il Catholicos apostolico armeno Aram di Cilicia e i rappresentanti delle comunità sunnita, sciita e drusa hanno incontrato il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres durante la sua visita in Libano. In una dichiarazione congiunta, i leader religiosi hanno insistito sulla necessità di «impegnarsi per l’apertura, la tolleranza e la coesistenza, che costituiscono l’essenza dell’identità e della stabilità del Libano». Essi hanno sottolineato l’importanza di «concentrarsi su ciò che unisce il Libano e accomuna il suo popolo», incoraggiando le loro comunità «a fare lo stesso e ad adottare il dialogo come mezzo per risolvere le differenze in uno spirito di consenso e di unione».

Durante la sua visita in Libano, dal 31 gennaio al 4 febbraio 2022, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha affermato che la Santa Sede stava già «studiando la possibilità di una visita [papale], forse già entro la fine dell’anno». Sebbene fosse prevista originariamente per il giugno 2022, a causa di motivi di salute del Papa, la visita è stata rinviata.

Nel contesto della straordinaria crisi finanziaria, l’arcivescovo Gallagher ha criticato i politici libanesi e ha chiesto di porre fine ai «pochi che approfittano della sofferenza di molti». Condannando le interferenze esterne negli affari del Libano, ha inoltre invitato a «smettere di usare il Libano e il Medio Oriente per interessi e profitti stranieri». Sebbene non abbia menzionato esplicitamente Hezbollah, sostenuto dall’Iran, queste dichiarazioni sono state fatte in un contesto in cui i Paesi del Golfo si stanno ritirando dal Libano a causa dell’influenza dell’organizzazione paramilitare islamista sciita nel Paese (fino a poco tempo fa deteneva la maggioranza in Parlamento, controllava una milizia ritenuta più potente dell’esercito e cercava di influenzare la politica interna ed estera). Monsignor Gallagher ha aggiunto che la Santa Sede sarebbe pronta ad ospitare un dialogo tra i diversi attori se tutte le parti sono d’accordo.

Il 21 marzo 2022, durante una visita di tre giorni in Italia, il Presidente Michel Aoun ha incontrato Papa Francesco. Al suo arrivo a Roma, il capo di Stato ha dichiarato che «il Cristianesimo in Libano non è in pericolo».

Dopo le elezioni parlamentari del 15 maggio 2022, tre deputati sunniti appena eletti, Halime Kaakour, Ibrahim Mneimne e Waddah Sadek, hanno espresso pubblicamente in televisione il loro sostegno al matrimonio civile. La massima autorità sunnita del Paese, il viceispettore generale di Dar al-Fatwa, sceicco Hassan Merheb, li ha accusati di «non rappresentare i sunniti» e ha chiesto ai credenti di «sputar loro in faccia» se non avessero cambiato idea sulla questione. Il 10 luglio 2022, una coppia libanese Druze-Shia ha celebrato un matrimonio civile «online». Nel giugno 2022, il Patriarca Al-Rai ha chiesto alla comunità internazionale di aiutare a trovare una soluzione per i rifugiati palestinesi e gli sfollati siriani in Libano. Il porporato ha insistito sui «sentimenti umani e fraterni che abbiamo per questi due popoli fratelli», aggiungendo che «non annullano il pensiero nazionale nell’interesse del Libano». Queste dichiarazioni hanno suscitato critiche da parte di alcuni gruppi.

Il 18 luglio 2022, Moussa El-Hage, arcivescovo maronita di Haifa e Gerusalemme che risiede a Gerusalemme, è stato arrestato dalla Sicurezza Generale libanese su ordine del giudice del tribunale militare, Fadi Akiki. Il prelato è stato rilasciato dopo essere stato interrogato per dodici ore ed è stato costretto a lasciare il passaporto, il cellulare, dei medicinali e 460.000 dollari statunitensi. I contanti e i farmaci erano stati inviati dalle famiglie di origine libanese residenti in Israele ai loro parenti in Libano. La Sicurezza Generale ha affermato che le misure adottate nei confronti dell’arcivescovo erano legittime e prese «in base a istruzioni da parte della magistratura, in relazione a [...] tutti i passeggeri che viaggiano tra i due Paesi, senza eccezioni». Tuttavia i rappresentanti della Chiesa hanno dichiarato che l’incidente crea un grave precedente. «Né i princìpi, né le leggi, né le consuetudini permettono un simile arresto», hanno dichiarato aggiungendo che un arcivescovo non può essere detenuto senza fare riferimento alla sua autorità gerarchica. El-Hage ha poi dichiarato in un’intervista che il suo arresto era chiaramente destinato a «inviare un messaggio forte al Patriarca», il quale ha intensificato le sue critiche a Hezbollah e continua a chiedere l’affermazione della neutralità del Libano. Gli Ordinari Cattolici di Terra Santa (ACOHL) hanno rilasciato una dichiarazione in cui si rammaricavano della detenzione di El-Hage, esprimevano la loro solidarietà con il presule e lodavano «l’opera di carità che l’arcivescovo svolge generosamente da molto tempo, portando regolarmente aiuti materiali e medicinali raccolti dai benefattori a favore delle famiglie libanesi povere di tutte le religioni, cristiane, musulmane e druse». Gli ordinari di Terra Santa hanno altresì condiviso una dichiarazione del Patriarca maronita, sottoscritta dal Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, e da Padre Marcelo Gallardo, Segretario generale dell’ACOHL, che si conclude con le seguenti parole: «Desideriamo e chiediamo di permettere alla Chiesa di Terra Santa di continuare il suo lavoro di comunione, che non è in alcun modo dettato da considerazioni politiche e che è necessario per il mantenimento della presenza dei cristiani in Terra Santa, favorendo la loro solidarietà con i cristiani del Medio Oriente. Chiediamo inoltre di consentire alla Chiesa di Terra Santa di continuare a svolgere liberamente, senza interferenze, la sua opera umanitaria a favore dei poveri». 

Il 12 agosto 2022, lo scrittore Salman Rushdie è stato accoltellato negli Stati Uniti dal ventiquattrenne libanese Hadi Matar. Cresciuto negli Stati Uniti, nel 2018 Matar aveva fatto visita al padre che vive nel villaggio libanese meridionale di Yaroun, sotto il controllo di Hezbollah. L’aggressione ha provocato reazioni contrastanti tra la popolazione sciita in Libano. È stato diffuso un vecchio video del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in cui affermava che «nessuno avrebbe osato attaccare di nuovo il Profeta Maometto dell’Islam» se Rushdie fosse stato ucciso subito dopo la fatwa di Khomeini del 1989. Sebbene non vi siano state reazioni ufficiali da parte dei movimenti Hezbollah o Amal, la maggior parte dei loro sostenitori ha festeggiato l’attacco sui social media. Per contro, alcuni esponenti sciiti hanno condannato l’aggressione contro Rushdie. La nota giornalista sciita Dima Sadek ha ricevuto minacce di stupro e di morte sui social media dopo aver pubblicato sul suo account Twitter una foto di Khomeini e del generale Qassim Soleimani (un alto comandante militare iraniano ucciso in un attacco degli Stati Uniti nel 2020), con la didascalia «versi satanici». Anche il giornalista sciita Mohamad Barakat è stato aggredito dopo aver scritto che, accoltellando Rushdie, Hadi Matar «ha accoltellato gli sciiti che vivono in Europa e in America». Radwan Akil, giornalista del quotidiano An-Nahar, ha invece affermato di comprendere la fatwa contro Rushdie, pur condannando le violenze contro chiunque. An-Nahar ha inoltre pubblicato una dichiarazione in cui affermava che l’invito all’omicidio contraddice le proprie politiche. Sebbene i leader politici non abbiano commentato l’attacco a Rushdie, Mohammad Mortada, Ministro della Cultura sciita in carica, vicino al movimento Amal, ha criticato la rappresentazione del profeta da parte di Rushdie e ha dichiarato sul suo account Twitter che «la libertà di parola deve essere educata».

Il Libano rimane un Paese di crisi irrisolte: le ombre sempre presenti della guerra civile del 1975-1990; i disordini sociali e politici dell’ottobre 2019; la crisi bancaria e la perdita della maggior parte dei risparmi dei correntisti libanesi; la forte svalutazione della moneta locale con il conseguente impoverimento della classe media; la crisi del Covid-19; la devastante esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020, che ha colpito principalmente i quartieri e le comunità cristiane. Tutto ciò ha lasciato profonde cicatrici e una diffusa disillusione, soprattutto tra i giovani. Alla fine di ottobre 2022, il Presidente maronita Michel Aoun ha lasciato il proprio incarico senza che vi fosse un successore, lasciando il Paese in uno stallo istituzionale. Lo Stato ora non ha una leadership politica: il governo è provvisorio, non vi è un Presidente e non vi è alcuna prospettiva di recepire le riforme richieste dal Fondo Monetario Internazionale, necessarie per salvare il Paese. Oggi, la maggior parte dei laureati cristiani lascia il Libano dopo l’università, privando il Paese dei suoi talenti e sconvolgendo il delicato equilibrio demografico. L’emigrazione e i tassi di natalità ineguali tra le diverse comunità religiose stanno creando una frattura nella composizione confessionale, finora relativamente equilibrata, che funge da base per l’accordo di distribuzione del potere. A preoccupare la leadership sono in special modo il declino della popolazione cristiana, che finora ha garantito una certa voce a tutte le comunità religiose nel panorama politico libanese, il crescente potere politico di Hezbollah e l’influenza dell’Iran, che contribuiscono a minare la posizione del Libano quale società relativamente libera e democratica nella regione. Con il deterioramento di queste condizioni, si sgretolano anche le prospettive per il pieno godimento del diritto fondamentale alle libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

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