martedì 17 ottobre 2023

IN GIORDANIA L'ANTISEMITISMO RAPPRESENTA ANCORA UN PROBLEMA



A cura di Aiuto alla Chiesa che Soffre



Sin da quando è stato istituito, il Regno di Giordania è sempre stato governato dalla dinastia hashemita. Originari de La Mecca, i regnanti giordani affermano di essere i diretti discendenti del profeta Maometto. Nel 1948, la Giordania (all’epoca chiamata Transgiordania) conquistò Gerusalemme Est e la Cisgiordania nell’ambito della prima guerra arabo-israeliana, ma i territori furono poi riconquistati da Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967. Come risultato di entrambi i conflitti, la Giordania ha accolto centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi, che ora costituiscono la maggioranza della popolazione giordana. Soltanto una minoranza di giordani appartiene ai gruppi beduini tradizionali che hanno vissuto per secoli nella regione. Nel 1994, la Giordania ha firmato un trattato di pace con Israele, che ha confermato i diritti del re giordano quale Custode dei Luoghi Santi a Gerusalemme Est. Le relazioni tra musulmani sunniti e cristiani nel Paese sono solitamente pacifiche. La comunità cristiana ha più volte lodato la famiglia reale per aver favorito uno spirito di tolleranza. La Chiesa cattolica è presente nel Paese con parrocchie e istituzioni, come “Caritas Giordania”. Il Paese ha anche accolto lavoratori migranti cristiani e indù, provenienti soprattutto dall’Asia, che vivono e lavorano temporaneamente nel Paese. Secondo l’articolo 2 della Costituzione giordana del 1952 , «l’Islam è la religione dello Stato». L’articolo 6 afferma che «i giordani sono uguali davanti alla legge senza alcuna discriminazione tra loro nei diritti e nei doveri anche se differiscono per razza, lingua o religione». L’articolo 14 obbliga lo Stato a «tutelare il libero esercizio dei riti delle religioni e dei credi secondo le usanze osservate nel Regno, purché ciò non sia incompatibile con l’ordine pubblico o la morale». Secondo l’articolo 28, comma e, «la persona che salirà al trono deve essere un musulmano, [...] nato da genitori musulmani». L’articolo 99 istituisce tribunali civili, religiosi e speciali. L’articolo 104 divide i tribunali religiosi in corti shariatiche e tribunali di altre comunità religiose. Tutte le questioni relative allo status personale dei musulmani sono regolate in base alla shari’a (legge islamica). I cristiani sono soggetti ai propri tribunali ecclesiastici. Il matrimonio civile non esiste. Una donna musulmana non può sposare un cristiano. Quando una donna cristiana si converte all’Islam, se i coniugi intendono rimanere sposati, anche il marito cristiano deve convertirsi, altrimenti sono automaticamente divorziati. La Costituzione e le altre leggi complementari non vietano esplicitamente ai musulmani di convertirsi a un’altra fede, né ai sensi del diritto civile sono previste sanzioni per chi si converte. Tuttavia, riconoscendo il primato della shari’a che vieta ai musulmani di convertirsi a un’altra religione, il governo proibisce di fatto sia la conversione dall’Islam che il proselitismo tra i musulmani da parte dei membri di altre religioni. Secondo la legge islamica, vi sono infatti delle conseguenze per i musulmani che adottano una religione diversa dall’Islam. Ad esempio, se una persona viene condannata per apostasia, i tribunali islamici che giudicano le questioni relative allo status personale hanno il potere di annullare il suo matrimonio e negarle il diritto di ereditare dal coniuge e dai parenti musulmani. 

La Giordania punisce esplicitamente la blasfemia. L’articolo 273 del Codice Penale giordano del 1960 stabilisce che chiunque insulti uno dei profeti è punibile con la reclusione da uno a tre anni. I cristiani hanno una quota di nove seggi in Parlamento e hanno accesso alle più alte cariche sia all’interno del governo che delle forze armate. La percentuale di cristiani nel Paese è in netta diminuzione ormai da mezzo secolo, e la loro presenza si attesta intorno all’1,3 per cento della popolazione, contro il 20 per cento registrato nel 1930. La legge del 2014 per i “Consigli delle confessioni cristiane” riconosce ufficialmente 11 confessioni cristiane Queste sono le Chiese greco-ortodossa, cattolica romana, greco-cattolica (melchita), armeno-ortodossa, cattolica maronita, assira, copta, anglicana, luterana, Avventista del Settimo Giorno e pentecostale unita. Alcune Chiese sono state riconosciute nel 2018 come “associazioni”, ovvero la Chiesa evangelica libera, la Chiesa del Nazareno, le Assemblee di Dio, l’Alleanza cristiana e missionaria e la Chiesa battista. I Testimoni di Geova sono tra le denominazioni ancora non riconosciute, le quali tuttavia possono praticare la propria fede, gestire scuole e amministrare strutture sanitarie senza impedimenti. I cristiani caldei e siriaci presenti tra i rifugiati iracheni sono definiti «ospiti» dal governo.

Nel gennaio 2021, il Patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa ha visitato la Giordania per la prima volta dalla sua nomina a capo della Chiesa latina in Terra Santa. Il Patriarca ha guidato il tradizionale pellegrinaggio al luogo del Battesimo di Gesù sul fiume Giordano, alla presenza del Segretario Generale del Ministero del Turismo e delle Antichità della Giordania, Imad Hijazin. Il giorno dopo, il Patriarca è stato ricevuto dal Re Abdullah II. Durante l’incontro virtuale, il re ha elogiato il profondo legame della Giordania con Papa Francesco e la Santa Sede. A gennaio, in una lettera al Consiglio giudiziario del Paese, l’arcivescovo greco-ortodosso Christophoros Atallah ha definito le Chiese evangeliche «un pericolo» per la società. Il presule ha chiesto che i casi relativi allo status personale degli appartenenti alle Chiese evangeliche non riconosciute non fossero sottoposti ai tribunali civili, bensì al Consiglio dei leader della Chiesa, un organo consultivo del governo. Nel febbraio 2021, in risposta alla lettera dell’arcivescovo, il direttore del Consiglio Giudiziario della Giordania ha emesso un memorandum che impediva a qualsiasi cristiano, privo di un tribunale ecclesiastico approvato, di ricorrere ai tribunali civili. I casi avrebbero dovuto invece essere sottoposti al Consiglio dei leader della Chiesa, così come richiesto da monsignor Atallah. Tuttavia, secondo alcuni avvocati, si trattava di una violazione di una legge del 2014 che aggiornava il sistema dei tribunali religiosi. Pertanto, nel marzo 2021, il Consiglio Giudiziario ha ritirato la propria disposizione. A maggio, alcune parlamentari giordane hanno rilasciato dichiarazioni offensive nei confronti degli ebrei e dell’Ebraismo. Durante una seduta del Parlamento, la deputata Safaa Al-Momani ha definito gli ebrei «gli assassini dei profeti», mentre un’altra deputata, Salamah al-Bluwi, ha descritto gli ebrei israeliani come «sionisti criminali, figli di scimmie e maiali». A luglio, sono state accettate le dimissioni di Wafa Al-Khadra da membro del Comitato reale per la modernizzazione del sistema politico. In precedenza, i suoi commenti sulle pratiche sacrificali durante l’Eid-al-Adha, definite prive di misericordia, avevano suscitato indignazione sui social media. Al-Khadra ha dichiarato di aver dovuto affrontare sei diversi capi di accusa in tribunale. A luglio, Zaid O. Nabulsi, avvocato e attivista politico giordano, ha dato inizio ad un dibattito sull’apertura del Paese ai pellegrini sciiti, da tempo scoraggiati dal visitare le tombe dei parenti del Profeta Maometto. La più importante è la tomba di Ja’far al Tayyar, cugino e compagno di Maometto e fratello del primo leader sciita Ali, che si trova a Mazar, nella regione di Karak. Secondo Nabulsi, una migliore accoglienza dei pellegrini sciiti aiuterebbe a promuovere il turismo religioso in Giordania. Tuttavia la sua proposta è stata respinta. «Non abbiamo una posizione contraria ai turisti che visitano la Giordania da qualsiasi parte del mondo, ma questo tipo di turismo religioso non è la nostra priorità», ha dichiarato a Religion News Service Nayef al Fayez, Ministro del Turismo e delle Antichità. Ad agosto, il Patriarca latino Pierbattista Pizzaballa ha nominato monsignor Jamal Khader Daibes Vicario patriarcale per la Giordania.

A settembre, si è svolta ad Amman una conferenza intitolata “I media contro l’odio”. L’evento era organizzato dal Dipartimento Media del Consiglio Islamico degli Anziani in collaborazione con il Centro Cattolico per la Ricerca e i Media. La dichiarazione conclusiva ha riconosciuto che gli organismi «condividono molti obiettivi comuni, come la nostra convinzione del ruolo che i media possono svolgere nel promuovere i valori della tolleranza, della coesistenza e della pace, nonché nel contrastare l’odio, il razzismo e la discriminazione e nel formare l’opinione pubblica a valori quali la stabilità, la crescita e la coesione sociale». La conferenza si è svolta sotto il patrocinio del Principe giordano Ghazi bin Muhammad. In un articolo pubblicato nell’ottobre 2021, si affermava che gli appartenenti alla comunità baha’í sposati con giordani non erano idonei alla naturalizzazione. La Giordania non riconosce infatti la fede baha’í. La mancata naturalizzazione ha avuto conseguenze particolarmente gravi e numerose soprattutto per la vita privata e lavorativa delle donne. A novembre, l’Appello Internazionale per la Protezione dei Luoghi Santi, una rete globale islamo-cristiana sostenuta dal Principe giordano Hassan bin Talal, ha esortato a porre fine all’«uso e all’abuso delle religioni come pretesto per la violenza, l’esclusione e la discriminazione». Il testo, «firmato da oltre 40 sostenitori musulmani e cristiani [...] tra cui membri anziani della comunità mediorientale», ha definito «gli attacchi mortali contro le persone in preghiera o durante il culto come l’apice delle atrocità e delle violenze a sfondo religioso». Nello stesso mese, il Principe ereditario giordano Al-Hussein ha incontrato il Papa copto Tawadros II di Alessandria d’Egitto al Cairo. Il Principe ereditario ha visitato una mostra allestita presso la cattedrale di San Marco, organizzata dal Ministero del Turismo e delle Antichità della Giordania e dall’Ente del Turismo della Giordania (JTB) e volta a promuovere il turismo religioso nel Regno. A dicembre, il Re Abdullah II ha conferito una onorificenza al Patriarca greco-ortodosso Theophilos III, in segno di apprezzamento per il ruolo storico e religioso del Patriarcato nel preservare i luoghi santi, consolidare la presenza cristiana e rappresentare la Custodia hashemita. Nel dicembre 2021, il Direttore della Sicurezza Pubblica, il Maggiore Generale Hussein Al-Hawatmeh, ha ordinato un rafforzamento delle forze di sicurezza presso le chiese delle aree cristiane durante le festività religiose.

Nel febbraio 2022, è stato annunciato che il Re Abdullah II e sua moglie, la Regina Rania, avrebbero ricevuto il “Premio Zayed per la Fraternità Umana”, in riconoscimento del loro ruolo rilevante nella promozione del dialogo interreligioso in tutta la regione del Medio Oriente. Il premio è stato assegnato dal Comitato Superiore della Fraternità Umana, un comitato internazionale indipendente, istituito per realizzare le aspirazioni del Documento sulla Fraternità Umana, firmato nel febbraio 2019 da Papa Francesco e dal Gran Iman Sheikh Ahmed el-Tayeb di Al-Azhar ad Abu Dhabi. Ad aprile, il Re Abdullah II ha riaffermato la responsabilità storica della famiglia reale giordana per la protezione dei Luoghi Santi musulmani e cristiani di Gerusalemme. A maggio, in occasione del 76° anniversario dell’indipendenza della Giordania, diverse Chiese hanno rinnovato i loro certificati di fedeltà alla dinastia hashemita. Nello stesso mese, il Capo della Corte Reale Hashemita, Yousef al-Isawi, ha partecipato a nome del Re Abdullah II alla messa di insediamento di monsignor Jamal Daibes, nuovo vicario per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme. A maggio, i reali di Giordania hanno ricevuto il “Path to Peace Award 2022” per il loro ruolo nella promozione dell’armonia e del dialogo interreligioso. Il premio è stato consegnato durante una cerimonia a New York. Il presidente della Path to Peace Foundation, nonché nunzio apostolico e osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Gabriele Giordano Caccia, ha affermato che l’impegno del re nel proteggere i Luoghi Santi dimostra come egli consideri i cristiani una parte integrante della storia e del tessuto culturale del mondo arabo e del Medio Oriente. Durante la sua permanenza a New York, il re ha incontrato i rappresentanti delle Chiese cattoliche, protestanti e ortodosse americane per discutere della situazione in Terra Santa. Stando a quanto riportato, il monarca giordano ha anche incontrato gli affiliati di alcuni gruppi cristiani evangelici che hanno cercato di ottenere un pieno riconoscimento in Giordania.

A luglio, il Cardinale Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei in Iraq, ha posato la prima pietra della chiesa di San Tommaso ad Amman, la prima chiesa caldea in Giordania. Il Patriarca Sako ha invitato il governo giordano a riconoscere la Chiesa caldea come una delle Chiese ufficiali. La Giordania ha accolto come rifugiati molti cristiani caldei dall’Iraq, definendoli «ospiti». A settembre, il Re Abdullah II ha dichiarato, durante un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che «il Cristianesimo nella Città Santa è sotto tiro. I diritti delle Chiese di Gerusalemme sono minacciati e questo non può continuare». Nel novembre 2022, il Re Abdullah II e la Regina Rania sono stati ricevuti da Papa Francesco in Vaticano. I reali e il pontefice hanno espresso il proprio «apprezzamento per le buone relazioni bilaterali tra la Santa Sede e il Regno Hashemita» e hanno discusso di alcune necessità e priorità, tra le quali «preservare e incoraggiare la presenza cristiana» in Medio Oriente, «continuare a sviluppare il dialogo interreligioso ed ecumenico», promuovere «la stabilità e la pace in Medio Oriente – soprattutto per quanto riguarda la questione palestinese e quella dei rifugiati» e «preservare lo status quo dei Luoghi Santi di Gerusalemme».

La Giordania continua ad essere uno Stato musulmano che garantisce la libertà di culto alla maggior parte dei suoi cittadini, sebbene nel Paese non esista il pieno diritto alla libertà religiosa e la pressione sociale sulle persone che scelgono di abbandonare l’Islam sia incessante. Le Chiese registrate agiscono liberamente entro i limiti imposti dalla legge e da una società musulmana comunque conservatrice. La situazione è più difficile per le comunità non registrate, come i baha’í. I membri di queste comunità devono affrontare molteplici difficoltà, specialmente in relazione al loro status personale. Inoltre, l’antisemitismo rappresenta ancora un problema, come dimostrano le dichiarazioni di alcuni politici. Il Re Abdullah II è molto apprezzato come promotore del dialogo interreligioso e della coesistenza pacifica tra musulmani e cristiani. I leader cristiani riconoscono e incoraggiano il suo ruolo quale Custode dei Luoghi Santi islamici e cristiani a Gerusalemme. Nel complesso, durante il periodo in esame, lo stato della libertà religiosa è rimasto invariato. Sebbene la libertà di culto per la maggior parte dei giordani sia garantita entro certi limiti, non vi sono indicazioni di un miglioramento sostanziale verso la piena libertà religiosa. La situazione rimane invariata, senza sfide all’orizzonte. 


Foto di 20198833 da Pixabay


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